Il Cordone Ombelicale è un grosso e robusto funicolo di 50 cm circa, tortuoso e flessibile, ripieno di materiale gelatinoso (Gelatina di Wharton), che collega il feto alla placenta. Al suo interno, immerse nella densa gelatina, scorrono due fini arterie ombelicali che portano sangue venoso dal
feto alla placenta, e una grossa vena ombelicale che, in direzione opposta, porta sangue arterioso dalla placenta al feto. La formazione del cordone ombelicale si completa alla 5a settimana della vita embrionale.
La Placenta
La placenta è un organo spugnoso, molto vascolarizzato, che mette in intimo contatto il feto con la madre nelle pareti della cavità uterina. La placenta ha la forma di una focaccia rotondeggiante, d'aspetto carnoso e di colore rosso scuro. Una faccia è immersa nella mucosa uterina e l'altra "libera" porta al centro l'inserzione del cordone ombelicale. Al termine della gravidanza, la placenta ha un diametro di 16-20 cm, uno spessore massimo al centro di 3-4 cm e un peso di 500-600 gr. Con il parto, la placenta esaurisce le sue funzioni, che sono principalmente nutritiva e respiratoria, e viene espulsa dopo il feto, nel corso del secondamento.
La formazione della placenta
Concorrono alla formazione della placenta sia la madre che il feto. Dopo la fecondazione dell'ovocita in una tuba, la mucosa dell'utero si prepara ad accogliere l'embrione, trasformandosi in decidua o placenta materna, con uno strato superficiale compatto e uno strato profondo, basale, spugnoso, a contatto diretto con la muscolatura dell'utero. L'ovocita, una settimana circa dopo la fecondazione, giunge nella cavità uterina, come blastocisti. Le cellule dell'involucro esterno dell'embrione proliferano nella mucosa uterina ipertrofica e l'embrione penetra così attivamente nella decidua compatta e vi si "annida". Una-due settimane dopo, nella membrana esterna che ora avvolge l'embrione (corion), sotto la mucosa uterina, compaiono delle formazioni villose che si sviluppano rapidamente e rigogliosamente solo nella parte in contatto con la decidua basale, mentre si riducono fino a scomparire altrove. I villi coriali, composti da un'impalcatura connettiva di sostegno che contiene sottilissimi capillari fetali, costituiscono la placenta embrionale. I villi sono ricoperti da un epitelio che li delimita nettamente e che penetra nel tessuto deciduale materno, corrodendovi i capillari e trasformandoli in ampie lacune vascolari nelle quali il sangue arterioso materno circola in contatto diretto con i villi che vi sono immersi (placenta emocoriale).
La circolazione del sangue nella placenta
Nella placenta si incontrano due ampi letti vascolari, uno fetale e l'altro materno, in intimo contatto tra loro, ma rigorosamente separati dall'epitelio di rivestimento dei villi coriali e dall'endotelio dei capillari fetali. Le arterie ombelicali provenienti dal feto, lungo il cordone ombelicale, si suddividono nella placenta in vasi sempre più piccoli, fino alle estreme diramazioni, che si distribuiscono in ricche reti di capillari e sinusoidi all'interno dei villi, sotto la loro superficie. I villi coriali, come già detto, sono immersi nel sangue arterioso materno che circola nelle lacune vascolari. La circolazione del sangue nelle lacune è facilitata dalla pressione sanguigna esistente nel circolo materno, dalle contrazioni della muscolatura uterina e dal movimento dei villi dovuto alle pulsazioni dei vasi del circolo fetale. Il movimento del sangue è piuttosto lento e questo favorisce gli scambi nutritivi e gassosi tra sangue fetale e materno, nei due sensi. L'anidride carbonica e i prodotti di rifiuto portati dalle due arterie ombelicali, fino ai villi, filtrano nel sangue materno e vengono scartati, mentre l'ossigeno, le sostanze nutritive e altri elementi essenziali , come vitamine, ormoni, minerali e anticorpi passano dal sangue materno a quello fetale. Il sangue fetale, divenuto arterioso, viene quindi trasportato dai capillari venosi dei villi fino alla grande vena ombelicale che lungo il cordone, lo porta dalla placenta al feto, fino al fegato, dove viene immesso nella circolazione generale. La placenta assolve dunque alla funzione respiratoria del feto prima della nascita.
Il sangue del cordone ombelicale
Il sangue del cordone ombelicale (SCO) è sangue fetale che, come abbiamo visto, circola dal feto alla placenta nelle due arterie ombelicali, come sangue venoso, e viceversa dalla placenta al feto, come sangue arterioso, nella vena ombelicale. Il SCO è ricco di cellule staminali emopoietiche (CSE), cioè di cellule progenitrici, simili a quelle del midollo osseo, capaci di autoriprodursi e di generare continuamente tutte le cellule mature del sangue e del sistema immunitario. Rappresenta perciò una fonte preziosa di CSE che, come il midollo osseo, permette di curare col trapianto malati affetti da malattie gravi come leucemie, linfomi, sindromi mielodisplastiche, mielomi, anemie congenite e acquisite, talassemie, malattie congenite dismetaboliche e del sistema immunitario, e alcune forme di tumori solidi. Ma il sangue cordonale presenta alcune peculiarità importanti nella composizione cellulare. Il numero di CSE che contiene è molto minore di quello del midollo osseo, ma le CSE cordonali sembrano essere cellule più primordiali di quelle del midollo osseo e dotate di una maggiore capacità proliferativa. Inoltre il SCO è ricco di cellule T regolatorie (Treg) dotate di una importante capacità immunosoppressiva sulle risposte alloimmuni, ed è relativamente povero di cellule T mature dotate di normale reattività immune. Questo può render conto di alcune differenze importanti tra i trapianti di midollo osseo e quelli di sangue cordonale, come per esempio la minore incidenza e gravità della GVHD (malattia del trapianto contro l'ospite) in questi ultimi. Va infine ricordato che nel SCO sono presenti, accanto alle CSE, altre cellule progenitrici deputate alla riproduzione di cellule e tessuti non-emopoietici, come le cellule staminali mesenchimali (CSM) e le cellule progenitrici endoteliali (CPE). Questo rende il SCO di particolare interesse per lo studio dell'ipotesi di una possibile terapia rigenerativa.
La Placenta
La placenta è un organo spugnoso, molto vascolarizzato, che mette in intimo contatto il feto con la madre nelle pareti della cavità uterina. La placenta ha la forma di una focaccia rotondeggiante, d'aspetto carnoso e di colore rosso scuro. Una faccia è immersa nella mucosa uterina e l'altra "libera" porta al centro l'inserzione del cordone ombelicale. Al termine della gravidanza, la placenta ha un diametro di 16-20 cm, uno spessore massimo al centro di 3-4 cm e un peso di 500-600 gr. Con il parto, la placenta esaurisce le sue funzioni, che sono principalmente nutritiva e respiratoria, e viene espulsa dopo il feto, nel corso del secondamento.
La formazione della placenta
Concorrono alla formazione della placenta sia la madre che il feto. Dopo la fecondazione dell'ovocita in una tuba, la mucosa dell'utero si prepara ad accogliere l'embrione, trasformandosi in decidua o placenta materna, con uno strato superficiale compatto e uno strato profondo, basale, spugnoso, a contatto diretto con la muscolatura dell'utero. L'ovocita, una settimana circa dopo la fecondazione, giunge nella cavità uterina, come blastocisti. Le cellule dell'involucro esterno dell'embrione proliferano nella mucosa uterina ipertrofica e l'embrione penetra così attivamente nella decidua compatta e vi si "annida". Una-due settimane dopo, nella membrana esterna che ora avvolge l'embrione (corion), sotto la mucosa uterina, compaiono delle formazioni villose che si sviluppano rapidamente e rigogliosamente solo nella parte in contatto con la decidua basale, mentre si riducono fino a scomparire altrove. I villi coriali, composti da un'impalcatura connettiva di sostegno che contiene sottilissimi capillari fetali, costituiscono la placenta embrionale. I villi sono ricoperti da un epitelio che li delimita nettamente e che penetra nel tessuto deciduale materno, corrodendovi i capillari e trasformandoli in ampie lacune vascolari nelle quali il sangue arterioso materno circola in contatto diretto con i villi che vi sono immersi (placenta emocoriale).
La circolazione del sangue nella placenta
Nella placenta si incontrano due ampi letti vascolari, uno fetale e l'altro materno, in intimo contatto tra loro, ma rigorosamente separati dall'epitelio di rivestimento dei villi coriali e dall'endotelio dei capillari fetali. Le arterie ombelicali provenienti dal feto, lungo il cordone ombelicale, si suddividono nella placenta in vasi sempre più piccoli, fino alle estreme diramazioni, che si distribuiscono in ricche reti di capillari e sinusoidi all'interno dei villi, sotto la loro superficie. I villi coriali, come già detto, sono immersi nel sangue arterioso materno che circola nelle lacune vascolari. La circolazione del sangue nelle lacune è facilitata dalla pressione sanguigna esistente nel circolo materno, dalle contrazioni della muscolatura uterina e dal movimento dei villi dovuto alle pulsazioni dei vasi del circolo fetale. Il movimento del sangue è piuttosto lento e questo favorisce gli scambi nutritivi e gassosi tra sangue fetale e materno, nei due sensi. L'anidride carbonica e i prodotti di rifiuto portati dalle due arterie ombelicali, fino ai villi, filtrano nel sangue materno e vengono scartati, mentre l'ossigeno, le sostanze nutritive e altri elementi essenziali , come vitamine, ormoni, minerali e anticorpi passano dal sangue materno a quello fetale. Il sangue fetale, divenuto arterioso, viene quindi trasportato dai capillari venosi dei villi fino alla grande vena ombelicale che lungo il cordone, lo porta dalla placenta al feto, fino al fegato, dove viene immesso nella circolazione generale. La placenta assolve dunque alla funzione respiratoria del feto prima della nascita.
Il sangue del cordone ombelicale
Il sangue del cordone ombelicale (SCO) è sangue fetale che, come abbiamo visto, circola dal feto alla placenta nelle due arterie ombelicali, come sangue venoso, e viceversa dalla placenta al feto, come sangue arterioso, nella vena ombelicale. Il SCO è ricco di cellule staminali emopoietiche (CSE), cioè di cellule progenitrici, simili a quelle del midollo osseo, capaci di autoriprodursi e di generare continuamente tutte le cellule mature del sangue e del sistema immunitario. Rappresenta perciò una fonte preziosa di CSE che, come il midollo osseo, permette di curare col trapianto malati affetti da malattie gravi come leucemie, linfomi, sindromi mielodisplastiche, mielomi, anemie congenite e acquisite, talassemie, malattie congenite dismetaboliche e del sistema immunitario, e alcune forme di tumori solidi. Ma il sangue cordonale presenta alcune peculiarità importanti nella composizione cellulare. Il numero di CSE che contiene è molto minore di quello del midollo osseo, ma le CSE cordonali sembrano essere cellule più primordiali di quelle del midollo osseo e dotate di una maggiore capacità proliferativa. Inoltre il SCO è ricco di cellule T regolatorie (Treg) dotate di una importante capacità immunosoppressiva sulle risposte alloimmuni, ed è relativamente povero di cellule T mature dotate di normale reattività immune. Questo può render conto di alcune differenze importanti tra i trapianti di midollo osseo e quelli di sangue cordonale, come per esempio la minore incidenza e gravità della GVHD (malattia del trapianto contro l'ospite) in questi ultimi. Va infine ricordato che nel SCO sono presenti, accanto alle CSE, altre cellule progenitrici deputate alla riproduzione di cellule e tessuti non-emopoietici, come le cellule staminali mesenchimali (CSM) e le cellule progenitrici endoteliali (CPE). Questo rende il SCO di particolare interesse per lo studio dell'ipotesi di una possibile terapia rigenerativa.
Il sangue del cordone ombelicale donato presso le Banche pubbliche offre già nuove opportunità di cura e tante potenziali applicazioni nella medicina rigenerativa. In tutto il mondo l'incidenza della leucemia nelle sue varie espressioni cliniche è in continuo aumento. L'Italia, tra l'altro, nell'ambito dei paesi occidentali, vanta il poco invidiabile primo posto nell'incidenza della malattia con 10-12 nuovi casi all'anno ogni 100 mila abitanti. Nel complesso, circa 500 di questi riguardano bambini al di sotto dei 14 anni. Per alcuni casi la guarigione dipende dalla tempestività con la quale viene effettuato il trapianto di midollo osseo, che permette al paziente - attraverso l'infusione di cellule staminali emopoietiche - la possibilità di produrre sangue sano. Generalmente, per un paziente in attesa di trapianto la probabilità di reperire un donatore compatibile in ambito familiare è pari al 25% circa. Del restante 75%, solo il 35% riesce a reperire un donatore compatibile nei Registri Internazionali di midollo osseo (circa 25 milioni nel mondo, di cui in Italia circa 350.000 ). La buona notizia è che tutti coloro che non disponessero di donatore di midollo osseo compatibile e, soprattutto, non potessero permettersi di attendere i tempi della ricerca (circa 6 mesi), troveranno un'alternativa altrettanto efficace e sicura: il sangue da cordone ombelicale. Risale al 1974 la prima dimostrazione della presenza di cellule staminali emopoietiche (ovvero cellule capaci di produrre globuli bianchi, globuli rossi e piastrine in quantità tali da ricostituire il midollo osseo), nel Sangue di Cordone Ombelicale (SCO) o placentare. La possibilità di impiegare questo sangue - prelevato dopo il parto e la recisione del cordone ombelicale (circa 100 cc) - nel trapianto di pazienti affetti da patologie ematologiche, sia neoplastiche (leucemie e linfomi), sia non neoplastiche (gravi forme di anemia, talassemia), è stata successivamente precisata in numerosi studi e definitivamente confermata nel 1989 dopo il caso di un paziente affetto da anemia di Fanconi curato con successo con il trapianto di cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale del fratello. Nel 1993 fu effettuato il primo trapianto con sangue placentare non correlato e da allora il numero di trapianti effettuati continua a crescere, confermando la grande potenzialità delle cellule staminali del sangue placentare che, per alcuni aspetti, sono da ritenersi persino "migliori" rispetto a quelle contenute nel midollo osseo. Ad esempio, le cellule staminali presenti nel sangue placentare sono meno aggressive dal punto di vista immunologico e quindi risulta più bassa l'incidenza della malattia del trapianto verso l'ospite (Graft Versus Host Disease), una delle più gravi complicanze post trapianto, cosa che permette di usare criteri meno restrittivi in termini di compatibilità HLA (Human Leucocyte Antigens), nella selezione dell'unità cordonale rispetto alla scelta del donatore di midollo. Complessivamente i risultati delle due procedure trapiantologiche sono sovrapponibili se valutate a distanza di tempo, particolarmente nei pazienti pediatrici (peso non superiore ai 50 Kg), dato che nei pazienti adulti di peso corporeo più elevato la quantità di cellule staminali presenti in una sacca di sangue placentare non sempre è sufficiente. Ultimamente si sta cercando di superare questo svantaggio legate alla dose cellulare trapiantando due sacche allo stesso paziente o coltivando in laboratorio le cellule staminali per aumentarne il numero prima del trapianto. Per quanto riguarda le prospettive di utilizzo, in alcuni policlinici italiani (Milano, Pavia, Torino, Padova, Bologna, etc.) sono in corso di studio applicazioni terapeutiche del tutto innovative che riguardano la "plasticità" delle cellule staminali, caratteristica che consente la differenziazione in cellule somatiche appartenenti a tessuti di natura non emopoietica come cuore, tessuto muscolare, tessuto nervoso, etc., e che sembrerebbe particolarmente spiccata nelle cellule di sangue placentare. Vale a dire che si intravede la possibilità di far moltiplicare in laboratorio le cellule staminali prelevate da un organo e trasformarle in cellule di altri tessuti. Gli studi in corso (finora solo su modello animale) riguardano soprattutto l'ematologia, la cardiologia e la neurologia, ma è presto per parlare di nuove strategie di cura, così come è difficile prevederne i tempi di realizzazione: occorre abbinare una formidabile (e costosa) ricerca in laboratorio a un braccio operativo che traduca i risultati in protocolli clinici applicabili all'uomo, quindi con caratteristiche di sicurezza e sterilità, con divisibilità etica. È comprensibile favorire la speranza, ma allo stato attuale sarebbe irresponsabile promettere la trattabilità di tante malattie che affliggono la società attraverso il ricorso alla terapia cellulare, viceversa è saggio mantenere un cauto ottimismo sulle potenzialità finora riscontrate dalla comunità scientifica internazionale più accreditata. Nel mondo sono attivi circa 40 programmi di bancaggio pubblico non autologo (cioè destinato a un ricevente diverso dal donatore), con un inventario globale di circa 618.000donazioni disponibili via rete a tutti i centri trapianto del mondo che ne facciano richiesta. In Italia la gestione del sangue placentare - come ogni altro tipo di sangue (vedi a scopo trasfusionale) - è affidata alle strutture pubbliche, sotto il coordinamento del Centro Nazionale Sangue, mentre il registro delle unità conservate, circa 32.000, è tenuto parallelamente a quello dei donatori di midollo osseo (IBMDR) dal Centro Trasfusionale dell'Ospedale Galliera di Genova.
Le cellule staminali sono cellule presenti in ogni organismo. Si caratterizzano dalle altre perchè sono cellule non differenziate, o non specializzate, nel senso che non hanno ancora una funzione ben precisa all'interno dell'organismo stesso. Le staminali possono riprodursi in maniera pressoché illimitata, dando vita contemporaneamente ad altre cellule staminali e a cellule precursori di una progenie cellulare destinata a differenziarsi e a dar vita a tessuti e organi, come i muscoli, il cuore, il fegato, le ossa ecc. Le staminali possono essere totipotenti, quando danno luogo a tutti i tessuti, pluripotenti (o multipotenti), quando possono generarne solo alcuni, e unipotenti, quando danno vita solo ad un tipo di cellula.
DIFFERENZA TRA CELLULE STAMINALI FETALI, EMBRIONALI, CORDONALI ED ADULTE
Le cellule staminali fetali sono ricavate da aborti. Il loro utilizzo in medicina equivale all'uso di organi espiantati da cadaveri. Dal punto di vista biologico non si hanno ancora conoscenze definitive, ma dagli studi disponibili è emerso che hanno caratteristiche intermedie tra quelle embrionali e quelle adulte. Tendenzialmente sono pluripotenti e deputate all'accrescimento peri-natale dei tessuti.
Le cellule staminali embrionali si trovano nella regione interna dell'embrione prima che si sia "attaccato" alla parete dell'utero. Si tratta di cellule totipotenti, con alte capacità di proliferazione, e grazie a queste caratteristiche sono particolarmente ambite per uso terapeutico contro molte patologie umane. Possono essere isolate, estratte e coltivate in vitro con il risultato che, a partire da poche decine di cellule, si possono ottenere linee di centinaia di milioni di staminali intatte. L'estrazione di queste cellule richiede la soppressione dell'embrione, che non supera mai i 14 giorni dalla sua fecondazione. Vi è un'ulteriore suddivisione fra le cellule staminali embrionali che riguarda più l'uso e l'origine che le caratteristiche stesse: le staminali embrionali eterologhe si trovano nella regione interna dell'embrione prima dell'impianto in utero. Queste cellule sono estremamente utili per le loro capacità terapeutiche in generale, anche se il loro patrimonio genetico non è lo stesso di un potenziale paziente che ne trarrebbe giovamento. Il dibattito su queste cellule si focalizza sostanzialmente sugli embrioni soprannumerari rimasti inutilizzati nelle cliniche per la fertilità. Questi embrioni vengono crioconservati generalmente per 5 anni, dopo i quali non sono più impiantabili in utero e vengono destinati alla distruzione. In Italia non esiste un registro di questi embrioni, ma è plausibile che il numero sia estremamente elevato: tra i soggetti interessati a impiantare nel proprio utero questi embrioni e quelli realmente prodotti vi è un'enorme sproporzione. Gli scienziati chiedono quindi di poter operare su tali embrioni, come è già possibile fare in Gran Bretagna, ad esempio.
Le staminali embrionali autologhe sono prelevate dopo che il nucleo di una cellula adulta viene trasferita in un uovo privato del suo nucleo. Possiedono quindi lo stesso patrimonio genetico del donatore della cellula adulta e possono essere trapiantate senza rischi di rigetto. Sono, in sostanza, il frutto della cosiddetta clonazione terapeutica. Un esempio pratico può mostrare la differenza tra eterologhe e autologhe. Un paziente X ha bisogno di un trapianto di staminali embrionali. Le possibilità sono due: utilizzare staminali eterologhe prelevate da un embrione soprannumerario e poi coltivarle. Oppure prelevare una cellula del paziente X, dare vita ad un embrione tramite clonazione o TNSA e poi prelevare le staminali autologhe sviluppatesi nell'embrione stesso, cellule che hanno il medesimo patrimonio genetico di X. Le cellule staminali presenti nel sangue del cordone ombelicale suscitano molta attenzione fra le compagnie biotech e le banche per la conservazione di materiale biologico. Ma le loro applicazioni possibili sono ancora ristrette: sembra infatti che siano in grado di produrre solamente cellule del sangue, che comunque sono un valido aiuto nel caso di malattie ematologiche, come le anemie, leucemie, linfomi e alcune malattie del sistema immunitario. Le cellule staminali adulte provvedono al mantenimento dei tessuti e alla loro eventuale riparazione, ma le loro capacità non sono illimitate e quando vengono a mancare inevitabilmente i tessuti e gli organi tendono a decadere. Da recenti studi sembra che abbiano una particolare plasticità, mentre un tempo si credeva che le staminali adulte fossero in grado di differenziarsi solo nei tessuti ospitanti. Per quanto riguarda l'uso terapeutico vi sono ancora delle difficoltà nella crescita e nella coltivazione in vitro e pertanto sono necessari ulteriori studi e sperimentazioni. (a cura di Alessia Merola, Segreteria Nazionale Adisco).
DIFFERENZA TRA CELLULE STAMINALI FETALI, EMBRIONALI, CORDONALI ED ADULTE
Le cellule staminali fetali sono ricavate da aborti. Il loro utilizzo in medicina equivale all'uso di organi espiantati da cadaveri. Dal punto di vista biologico non si hanno ancora conoscenze definitive, ma dagli studi disponibili è emerso che hanno caratteristiche intermedie tra quelle embrionali e quelle adulte. Tendenzialmente sono pluripotenti e deputate all'accrescimento peri-natale dei tessuti.
Le cellule staminali embrionali si trovano nella regione interna dell'embrione prima che si sia "attaccato" alla parete dell'utero. Si tratta di cellule totipotenti, con alte capacità di proliferazione, e grazie a queste caratteristiche sono particolarmente ambite per uso terapeutico contro molte patologie umane. Possono essere isolate, estratte e coltivate in vitro con il risultato che, a partire da poche decine di cellule, si possono ottenere linee di centinaia di milioni di staminali intatte. L'estrazione di queste cellule richiede la soppressione dell'embrione, che non supera mai i 14 giorni dalla sua fecondazione. Vi è un'ulteriore suddivisione fra le cellule staminali embrionali che riguarda più l'uso e l'origine che le caratteristiche stesse: le staminali embrionali eterologhe si trovano nella regione interna dell'embrione prima dell'impianto in utero. Queste cellule sono estremamente utili per le loro capacità terapeutiche in generale, anche se il loro patrimonio genetico non è lo stesso di un potenziale paziente che ne trarrebbe giovamento. Il dibattito su queste cellule si focalizza sostanzialmente sugli embrioni soprannumerari rimasti inutilizzati nelle cliniche per la fertilità. Questi embrioni vengono crioconservati generalmente per 5 anni, dopo i quali non sono più impiantabili in utero e vengono destinati alla distruzione. In Italia non esiste un registro di questi embrioni, ma è plausibile che il numero sia estremamente elevato: tra i soggetti interessati a impiantare nel proprio utero questi embrioni e quelli realmente prodotti vi è un'enorme sproporzione. Gli scienziati chiedono quindi di poter operare su tali embrioni, come è già possibile fare in Gran Bretagna, ad esempio.
Le staminali embrionali autologhe sono prelevate dopo che il nucleo di una cellula adulta viene trasferita in un uovo privato del suo nucleo. Possiedono quindi lo stesso patrimonio genetico del donatore della cellula adulta e possono essere trapiantate senza rischi di rigetto. Sono, in sostanza, il frutto della cosiddetta clonazione terapeutica. Un esempio pratico può mostrare la differenza tra eterologhe e autologhe. Un paziente X ha bisogno di un trapianto di staminali embrionali. Le possibilità sono due: utilizzare staminali eterologhe prelevate da un embrione soprannumerario e poi coltivarle. Oppure prelevare una cellula del paziente X, dare vita ad un embrione tramite clonazione o TNSA e poi prelevare le staminali autologhe sviluppatesi nell'embrione stesso, cellule che hanno il medesimo patrimonio genetico di X. Le cellule staminali presenti nel sangue del cordone ombelicale suscitano molta attenzione fra le compagnie biotech e le banche per la conservazione di materiale biologico. Ma le loro applicazioni possibili sono ancora ristrette: sembra infatti che siano in grado di produrre solamente cellule del sangue, che comunque sono un valido aiuto nel caso di malattie ematologiche, come le anemie, leucemie, linfomi e alcune malattie del sistema immunitario. Le cellule staminali adulte provvedono al mantenimento dei tessuti e alla loro eventuale riparazione, ma le loro capacità non sono illimitate e quando vengono a mancare inevitabilmente i tessuti e gli organi tendono a decadere. Da recenti studi sembra che abbiano una particolare plasticità, mentre un tempo si credeva che le staminali adulte fossero in grado di differenziarsi solo nei tessuti ospitanti. Per quanto riguarda l'uso terapeutico vi sono ancora delle difficoltà nella crescita e nella coltivazione in vitro e pertanto sono necessari ulteriori studi e sperimentazioni. (a cura di Alessia Merola, Segreteria Nazionale Adisco).
In Italia è consentito donare il sangue del cordone ombelicale a scopo solidaristico, a disposizione della collettività, oppure conservarlo ad uso dedicato. Queste due opzioni non comportano alcun onere economico per la famiglia e rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
La legge italiana sostiene la donazione solidale e dedicata sulla base di alcuni principi:
- Scientifici, fondati sulla cosiddetta "medicina dell'evidenza". Ad oggi, la principale applicazione clinica delle cellule staminali emopoietiche del cordone è il trapianto, che rappresenta una terapia salvavita e consolidata di grande successo per curare gravi malattie del sangue (come le leucemie), linfomi e alcuni disordini congeniti;
- Etici, fondati sulla reciprocità e solidarietà civile che contraddistingue il nostro Sistema Sanitario Nazionale.
La conservazione del sangue cordonale ad uso autologo, non è consentita in Italia proprio perché, al momento, non esistono evidenze scientifiche riguardo a un suo impiego a scopo personale al di fuori dei casi previsti dalla normativa di riferimento.
Per maggiori informazioni, consulta il Position Paper "Uso appropriato delle cellule staminali staminali" e il Position Statement "Raccolta e conservazione del sangue cordonale in Italia".
La legge italiana sostiene la donazione solidale e dedicata sulla base di alcuni principi:
- Scientifici, fondati sulla cosiddetta "medicina dell'evidenza". Ad oggi, la principale applicazione clinica delle cellule staminali emopoietiche del cordone è il trapianto, che rappresenta una terapia salvavita e consolidata di grande successo per curare gravi malattie del sangue (come le leucemie), linfomi e alcuni disordini congeniti;
- Etici, fondati sulla reciprocità e solidarietà civile che contraddistingue il nostro Sistema Sanitario Nazionale.
La conservazione del sangue cordonale ad uso autologo, non è consentita in Italia proprio perché, al momento, non esistono evidenze scientifiche riguardo a un suo impiego a scopo personale al di fuori dei casi previsti dalla normativa di riferimento.
Per maggiori informazioni, consulta il Position Paper "Uso appropriato delle cellule staminali staminali" e il Position Statement "Raccolta e conservazione del sangue cordonale in Italia".
Il D.M. 18 novembre 2009 (così come modificato dal D.M. 22 aprile 2014) regolamenta alcuni casi specifici per i quali è possibile donare il sangue del cordone ombelicale a scopo "dedicato":
- Quando il nascituro o un suo consanguineo presenta, o al momento del parto o in epoca pregressa, una patologia per la quale il trapianto di cellule staminali emopoietiche è clinicamente valido;
- Quando nella famiglia c'è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile a futuri figli per la quale il trapianto è una pratica scientificamente appropriata.
Oltre a queste due possibilità, il Decreto ha regolamentato anche la donazione ad uso dedicato per patologie che, al momento, non sono ricomprese nell'elenco delle malattie trattabili con il trapianto di cellule staminali cordonali, ma per le quali sussistono comprovate evidenze scientifiche di un loro impiego nell'ambito di sperimentazioni cliniche regolamentate.
Il D.M. 18 novembre 2009 è stato modificato e integrato dal D.M. 22 aprile 2014, che amplia le tipologie di malattie per le quali è consentita la donazione ad uso dedicato.
- Quando il nascituro o un suo consanguineo presenta, o al momento del parto o in epoca pregressa, una patologia per la quale il trapianto di cellule staminali emopoietiche è clinicamente valido;
- Quando nella famiglia c'è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile a futuri figli per la quale il trapianto è una pratica scientificamente appropriata.
Oltre a queste due possibilità, il Decreto ha regolamentato anche la donazione ad uso dedicato per patologie che, al momento, non sono ricomprese nell'elenco delle malattie trattabili con il trapianto di cellule staminali cordonali, ma per le quali sussistono comprovate evidenze scientifiche di un loro impiego nell'ambito di sperimentazioni cliniche regolamentate.
Il D.M. 18 novembre 2009 è stato modificato e integrato dal D.M. 22 aprile 2014, che amplia le tipologie di malattie per le quali è consentita la donazione ad uso dedicato.
Il parere di William Arcese -Direttore U.O.C.Trapianto Cellule Staminali Policlinico Universitario Tor Vergata
La posizione di NetCord in merito all'uso autologo del Sangue di Cordone Ombelicale
1. Le cellule staminali del sangue cordonale e placentare hanno caratteristiche speciali che le rendono molto utili per il trattamento di alcune malattie del sangue e alcune malattie genetiche attraverso il trapianto di cellule staminali emopoietiche.
2. Ci sono 4 ragioni per cui oggi vengono raccolte e conservate in una banca le cellule staminali del cordone ombelicale:
- Le cellule staminali cordonali possono essere donate ad una banca per il potenziale impiego in un paziente, qualora compatibile, affetto da una malattia curabile con il trapianto di cellule staminali emopoietiche. (E' molto utile donare le cellule staminali a una banca che poi, una volta tipizzate in modo da trovare la necessaria compatibilità con un paziente che abbia bisogno di essere curato con una terapia di trapianto di cellule staminali emopoietiche, le metterà a disposizione per una terapia approvata e sempre più diffusa). Questa pratica terapeutica è ampiamente utilizzata e questo tipo di donazione è anche di grande valore sociale.
- Le cellule possono essere raccolte e conservate per un fratello (stretto familiare) che abbia una malattia in cui il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è una pratica terapeutica consolidata. Anche questa modalità di donazione è approvata dalla pratica medica.
- Le cellule possono essere raccolte e conservate sulla base di un ipotetico uso futuro da parte dello stesso donatore, per trattare una malattia potenzialmente curabile con il trapianto autologo di cellule staminali (supponendo che alcune malattie in futuro potrebbero essere trattate con un trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche). Il rischio che il donatore abbia (a soffrire di) una tale malattia è estremamente basso. Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (quindi non autologo) è una procedura terapeutica consolidata per la maggior parte di queste malattie (Per quasi tutte le malattie suscettibili di un trapianto con cellule staminali emopoietiche, al momento attuale, le cure standard prevedono un trapianto con cellule staminali emopoietiche allogeniche (quindi non autologhe). Inoltre, il sangue cordonale conservato per uso autologo potrebbe contenere le stesse cellule maligne che hanno causato la malattia.
- Le cellule possono essere raccolte e conservate per possibile uso in futuro per la medicina rigenerativa (un ipotetico uso futuro, quando sarà possibile, grazie alle cellule staminali, rigenerare i tessuti del nostro corpo). Al momento attuale, non c'è prova alcuna che le cellule del sangue cordonale possano essere utilizzate per terapie di questo tipo. Ci sono speciali popolazioni di cellule nel sangue cordonale che potenzialmente potrebbero rivelarsi utili nella medicina rigenerativa, ma non è ancora chiaro se queste caratteristiche non siano più e meglio sviluppate nelle cellule staminali del sangue periferico o del midollo osseo del paziente stesso.
3. Tuttavia, a prescindere dalle ragioni per cui è stato raccolto e conservato il sangue del Cordone ombelicale, due principi devono essere mantenuti fermi:
- Il processo della raccolta, della validazione, della caratterizzazione, del bancaggio, della selezione e del rilascio di cellule staminali da cordone devono essere regolati da standard internazionali concordati dagli esperti (specialisti), come lo sono quelli proposti da Net-Cord FACT. La sicurezza del rispetto di questi standard può essere data dal conseguimento da parte della Banca di un accreditamento FACT-NETCORD (La garanzia è l'accreditamento FACT - NetCord di una banca di Sangue Cordonale).
- E' indispensabile che al donatore adulto o alle famiglie di un piccolo donatore di sangue cordonale vengano date informazioni complete e ponderate, prive di ambiguità. In particolare attraverso il processo di raccolta del Consenso informato alla donazione, il donatore (e la sua famiglia) deve essere informato sullo scopo della raccolta di cellule staminali, sui possibili rischi e benefici, e sulla probabilità con cui le cellule donate possono essere utilizzate per un determinato scopo. I donatori non devono essere illusi in merito al potenziale uso terapeutico delle cellule per scopi di medicina rigenerativa. Ogni conflitto d'interesse deve essere evitato.
4. Questa posizione (presa di posizione) è soggetta a revisione periodica e verrà aggiornata quando sarà supportata da risultati sicuri di ricerche cliniche e di laboratorio.
Concludendo
Poiché il beneficio terapeutico del trapianto allogenico di sangue cordonale è ormai acquisito e il trapianto è entrato nella prassi clinica, NetCord (link) promuove in primo luogo le banche per uso allogenico delle cellule staminali emopoietiche. Il bancaggio per uso autologo può essere preso in considerazione soltanto se la conservazione (privata) avviene in un programma che ha come finalità primaria quella di mettere a disposizione il sangue cordonale per trapianto allogenico. La tabella di patologie curabili con staminali autologhe dedicate è costantemente aggiornata dagli esperti del GITMO e consultabile sul loro sito.
Link utili:
www.gitmo.it
www.ginema.it
www.ibmdr.galliera.it
www.sanita/trapianti.it
www.centronazionalesangue.it
www.simti.it
www.sidem.it
La posizione di NetCord in merito all'uso autologo del Sangue di Cordone Ombelicale
1. Le cellule staminali del sangue cordonale e placentare hanno caratteristiche speciali che le rendono molto utili per il trattamento di alcune malattie del sangue e alcune malattie genetiche attraverso il trapianto di cellule staminali emopoietiche.
2. Ci sono 4 ragioni per cui oggi vengono raccolte e conservate in una banca le cellule staminali del cordone ombelicale:
- Le cellule staminali cordonali possono essere donate ad una banca per il potenziale impiego in un paziente, qualora compatibile, affetto da una malattia curabile con il trapianto di cellule staminali emopoietiche. (E' molto utile donare le cellule staminali a una banca che poi, una volta tipizzate in modo da trovare la necessaria compatibilità con un paziente che abbia bisogno di essere curato con una terapia di trapianto di cellule staminali emopoietiche, le metterà a disposizione per una terapia approvata e sempre più diffusa). Questa pratica terapeutica è ampiamente utilizzata e questo tipo di donazione è anche di grande valore sociale.
- Le cellule possono essere raccolte e conservate per un fratello (stretto familiare) che abbia una malattia in cui il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è una pratica terapeutica consolidata. Anche questa modalità di donazione è approvata dalla pratica medica.
- Le cellule possono essere raccolte e conservate sulla base di un ipotetico uso futuro da parte dello stesso donatore, per trattare una malattia potenzialmente curabile con il trapianto autologo di cellule staminali (supponendo che alcune malattie in futuro potrebbero essere trattate con un trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche). Il rischio che il donatore abbia (a soffrire di) una tale malattia è estremamente basso. Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (quindi non autologo) è una procedura terapeutica consolidata per la maggior parte di queste malattie (Per quasi tutte le malattie suscettibili di un trapianto con cellule staminali emopoietiche, al momento attuale, le cure standard prevedono un trapianto con cellule staminali emopoietiche allogeniche (quindi non autologhe). Inoltre, il sangue cordonale conservato per uso autologo potrebbe contenere le stesse cellule maligne che hanno causato la malattia.
- Le cellule possono essere raccolte e conservate per possibile uso in futuro per la medicina rigenerativa (un ipotetico uso futuro, quando sarà possibile, grazie alle cellule staminali, rigenerare i tessuti del nostro corpo). Al momento attuale, non c'è prova alcuna che le cellule del sangue cordonale possano essere utilizzate per terapie di questo tipo. Ci sono speciali popolazioni di cellule nel sangue cordonale che potenzialmente potrebbero rivelarsi utili nella medicina rigenerativa, ma non è ancora chiaro se queste caratteristiche non siano più e meglio sviluppate nelle cellule staminali del sangue periferico o del midollo osseo del paziente stesso.
3. Tuttavia, a prescindere dalle ragioni per cui è stato raccolto e conservato il sangue del Cordone ombelicale, due principi devono essere mantenuti fermi:
- Il processo della raccolta, della validazione, della caratterizzazione, del bancaggio, della selezione e del rilascio di cellule staminali da cordone devono essere regolati da standard internazionali concordati dagli esperti (specialisti), come lo sono quelli proposti da Net-Cord FACT. La sicurezza del rispetto di questi standard può essere data dal conseguimento da parte della Banca di un accreditamento FACT-NETCORD (La garanzia è l'accreditamento FACT - NetCord di una banca di Sangue Cordonale).
- E' indispensabile che al donatore adulto o alle famiglie di un piccolo donatore di sangue cordonale vengano date informazioni complete e ponderate, prive di ambiguità. In particolare attraverso il processo di raccolta del Consenso informato alla donazione, il donatore (e la sua famiglia) deve essere informato sullo scopo della raccolta di cellule staminali, sui possibili rischi e benefici, e sulla probabilità con cui le cellule donate possono essere utilizzate per un determinato scopo. I donatori non devono essere illusi in merito al potenziale uso terapeutico delle cellule per scopi di medicina rigenerativa. Ogni conflitto d'interesse deve essere evitato.
4. Questa posizione (presa di posizione) è soggetta a revisione periodica e verrà aggiornata quando sarà supportata da risultati sicuri di ricerche cliniche e di laboratorio.
Concludendo
Poiché il beneficio terapeutico del trapianto allogenico di sangue cordonale è ormai acquisito e il trapianto è entrato nella prassi clinica, NetCord (link) promuove in primo luogo le banche per uso allogenico delle cellule staminali emopoietiche. Il bancaggio per uso autologo può essere preso in considerazione soltanto se la conservazione (privata) avviene in un programma che ha come finalità primaria quella di mettere a disposizione il sangue cordonale per trapianto allogenico. La tabella di patologie curabili con staminali autologhe dedicate è costantemente aggiornata dagli esperti del GITMO e consultabile sul loro sito.
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“Bimbo dona, papà dona”, è rivolto ai neopapà con meno di 36 anni che hanno scelto di donare insieme alla mamma il sangue cordonale del proprio bambino e rappresenta la risposta delle Associazioni Adisco ed ADoCeS alla grande urgenza di reclutare nuovi giovani donatori volontari di CSE.
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