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LAURA DE VITT | Pordenone
Ostetrica

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Mi chiamo LAURA DE VITT e desidero condividere con voi la mia esperienza da ostetrica nel promuovere la donazione solidaristica del sangue di cordone ombelicale in un ospedale pubblico. La mia attività lavorativa è iniziata come infermiera professionale nel 1988; nel novembre '97, dopo aver conseguito il tanto desiderato titolo di studio, ho iniziato la mia carriera di ostetrica nella sala parto dell'Ospedale S. Maria degli Angeli di Pordenone. Il nostro centro è di secondo livello e assistiamo alla nascita di circa 1100 bambini all'anno. Per me è difficile fare un conto preciso di quanti bimbi ho fatto nascere in questi 18 anni di attività? vedendo quante volte vengo fermata per strada dalle mamme, credo di averne fatti nascere davvero tanti, sicuramente più di duemila! Dopo un periodo di training in cui le sacche erano destinate alla ricerca, abbiamo ottenuto l'accreditamento ufficiale dal giugno 2008 come Centro Raccolta ad uso trapianto da parte della Banca di Padova. Fino ad oggi ho raccolto 45 sacche (senza contare quelle raccolte quando svolgevo il ruolo di tutor nell'abilitare le neoassunte). Di queste una è stata giù utilizzata; quando l'ho saputo è stato difficile trattenere le lacrime! Per la formazione sono stata affiancata alla bravissima e competente dr. Lucia De Zen, responsabile dell'oncologia pediatrica del nostro Ospedale. In quel periodo ho avuto modo di constatare quanti siano i bambini (accompagnati dai genitori) degenti in oncoematologia , toccare con mano la loro sofferenza e condividere il loro immenso dolore. Anche l'aver perso un mio caro amico, nonchè ex turnista infermiere, morto prematuramente di leucemia ha contribuito a sensibilizzare la mia posizione nei confronti della donazione ed il mio impegno è stato così ancora più intenso. I mesi in cui ho lavorato alla stesura del progetto, risultato vincitore della borsa di studio per ostetriche messo in palio dall'ADISCO nel 2010, sono stati difficili ma ripagati ampiamente dall'esperienza vissuta a Roma. Indescrivibile la tachicardia e quanto le mie gambe abbiano tremato prima di parlare davanti ad una platea di professionisti di così alto livello! Ricordo quel giorno come uno dei momenti più emozionanti della mia vita! Oltretutto grande gioia per me è aver conosciuto di persona Eliane Gluckman. Averle stretto la mano e aver avuto l'onore di ricevere i suoi complimenti per il nostro lavoro? ha reso indimenticabile l'esperienza e auguro a tanti professionisti di poter vivere almeno una volta nella vita queste sensazioni. Da sempre ho cercato di trasmettere alle ostetriche più giovani l'importanza del nostro impegno, cercando di superare i molti ostacoli presenti. Per noi i problemi sono ancora rappresentati dalla tecnica di raccolta, che richiede esperienza, correttezza e conoscenza dei criteri di esclusione in sala parto. Un peso notevole è anche l'ulteriore carico di lavoro sommato ad un'attività giù molto intensa, impegnativa e piena di responsabilità. C'è un'altra cosa che sta creando grande frustrazione in tutte noi: ormai riusciamo a fare sì e no 1 sacca idonea ogni 3 mesi e tutte le altre vanno ad uso ricerca... per cui motivare il personale sta diventando ancora più difficile. Un punto critico è stata la formazione di tutto il personale, la partecipazione alle riunioni periodiche con le Responsabili della banca di Padova e del centro Regionale, e poi l'organizzazione della "complicata" parte burocratica. Infine bisogna trovare il tempo, e i luoghi, per sensibilizzare i futuri genitori alla donazione del sangue di cordone. E' innegabile che all'inizio ci siamo scontrate con le banche estere, supportate da una campagna a tappeto per promuovere la raccolta autologa. Onestamente non credo però che il calo delle donazioni sia imputabile a loro, in quanto sono poche le coppie che possano permettersela in questi anni di crisi. Nel nostro territorio nonostante il nostro impegno volontario per fare informazione presso farmacisti, parrocchie, scuole e asili, corsi yoga, corsi in piscina e consultori, non siamo ancora riuscite a coprire la maggior parte delle donne che verranno a partorire nei nostri punti nascita. Obiettivamente l'attuale crisi economica si fa sentire anche in campo sanitario, visto lo scarso investimento in risorse per la promozione alla donazione solidaristica. Noi dedichiamo gratuitamente tanto del nostro tempo per sensibilizzare la popolazione, ma non abbiamo più nè depliants multilingue e il DVD tradotto in 12 lingue è ormai esaurito da mesi. Durante il nostro lavoro veniamo spesso a contatto con coppie perfettamente sane e senza nessun criterio di esclusione, che vengono a sapere solo al momento dell'ingresso in sala travaglio della possibilità di donare il sangue di cordone ombelicale. Capita quindi che l'anamnesi venga raccolta al momento del parto per cercare di sopperire a questa carenza. Da noi le mamme che vogliono donare il sangue di cordone ombelicale prendono appuntamento per un colloquio presso il Servizio di Oncologia Pediatrica del Dipartimento Materno Infantile. Teoricamente sono diverse le occasioni in cui la donna può essere informata, ma spesso questa informazione è così poco percepita da far arrivare le pazienti all'ultimo momento senza aver speso 10 minuti del loro tempo per la raccolta anamnestica e alcune ammettono di essersene dimenticate prese dall'ansia del parto o dai frenetici ultimi preparativi prima dell'arrivo del bambino. Un capitolo a parte meritano le donne straniere presenti sul territorio; nella provincia di Pordenone sono molto rappresentate. La difficoltà nell'infoltire il registro di potenziali donatrici di origini multietniche riguarda non solamente l'Italia, ma anche gli altri paesi industrializzati. La donna straniera, spesso, non segue dei percorsi sanitari completi durante la gravidanza e si sottopone a poche visite che molte volte hanno carattere d'urgenza. Un approccio del genere non facilita l'instaurarsi di una relazione educativa e terapeutica fra ginecologo/ostetrica/paziente che permetta di adoperarsi nell'attuare un programma volto a fornire l'informazione a scopo decisionale sulla donazione del sangue cordonale. L'anno scorso è stata per me una bellissima esperienza tenere ai mediatori culturali un corso di formazione sulla sensibilizzazione alla donazione di cordone ombelicale alle donne delle loro etnie. Mi hanno subito manifestato entusiasmo per ciò che ho trasmesso riguardo alla donazione e i benefici che ciò potrà comportare nel tempo per i figli del loro paese. Purtroppo ho avuto conferma del fatto che le donne straniere sono raramente informate della possibilità di donazione solidaristica e di ciò che comporta a livello rischio/beneficio per loro e per i loro bambini. Ci siamo lasciate con il proposito di organizzare alcuni incontri che vorrei riuscire a tenere nel 2015 (nel 2014 abbiamo avuto difficoltà soprattutto per i miei turni troppo serrati). Un motivo di delusione come ostetrica è sapere che tanti sforzi (e ore straordinarie che non ci riconosceranno mai) per raccogliere anamnesi e sacche di donne straniere, sono stati vanificati dal fatto che poi non erano più ricontattabili perchè rientrate nei loro paesi d'origine senza lasciare recapiti telefonici. Un altro momento bello e indimenticabile è stato il corso dedicato alla sensibilizzazione alla donazione ai ragazzi delle scuole medie della provincia di Pordenone. Grande è stato il mio stupore per le domande appropriate, profonde e piene di sincera curiosità su vari argomenti, poste da ragazzi così giovani. Forse la speranza va posta nei genitori del futuro e nelle seconde generazioni dei popoli immigrati da noi. Ho capito comunque che senza le ostetriche questo processo è destinato a fallire! Quindi è arrivato il momento di affrontare come si deve anche il muro di resistenze legato all'argomentazione più dura del momento, cioè la domanda che assilla noi e le future mamme legata ai recenti studi sugli effetti del clampaggio precoce del cordone ombelicale. E' innegabile dire che c'è un migliore adattamento nel neonato che viene lasciato tranquillo, sulla pancia della madre, senza clampare troppo precocemente il funicolo. La letteratura adesso è ricca di studi pubblicati su riviste scientifiche e non sui blog delle mamme, per cui mi sembra corretto che ci venga data risposta alla nostra domanda: "Siamo proprio sicuri che sequestrare una quantità così considerevole di sangue ad un neonato sia poi così innocuo?". Fino a poco tempo fa era prassi ospedaliera clampare il cordone quasi subito. Noi da anni siamo Ospedale Amico del Bambino per cui per 2 ore i bimbi stanno skin to skin con la mamma e non è vero che abbiamo necessità di staccarli immediatamente dopo la nascita. Tali ed altre le argomentazioni portate avanti da alcune madri ed ostetriche ci hanno messo seriamente in difficoltà e stanno facendo vacillare la certezza di una prassi consolidata da anni. Se prima era normale e ci piangeva il cuore buttare tutto quel sangue nell'inceneritore insieme alla placenta, adesso come ci comportiamo? So che se lasciamo pulsare il cordone per almeno 3 minuti non raccoglieremmo mai più la quantità di sangue richiesta e tanto meno il numero di staminali in esso contenute indispensabili per rendere la sacca utile ad uso trapianto. Confidiamo in un parere degli esperti!