È tutto italiano lo studio che ha scoperto il modo in cui i tumori influiscono sul corretto funzionamento del sistema immunitario.
È tutto italiano lo studio che ha scoperto il modo in cui i tumori influiscono sul corretto funzionamento del sistema immunitario. Condotta dal Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università del Piemonte Orientale e pubblicata su Cancer Cell, la ricerca apre la strada allo sviluppo di nuove terapie antitumorali. Il team, guidato dal professor Antonio Sica, ha identificato il fattore di trascrizione genica RORC1 come “interruttore” chiave dell’ematopoiesi di emergenza indotta dai tumori. “Le nostre difese immunitarie – spiega Sica – sono garantite dalla continua formazione e maturazione delle cellule del sangue a partire dai loro precursori”.
“Tale processo viene definito ematopoiesi. In caso di patologie gravi – aggiunge – come le infezioni o i tumori, l’organismo risponde a tali stress aumentando la produzione delle cellule del sistema immunitario, una condizione definita ematopoiesi di emergenza, al fine di sopperire all’aumentata richiesta di difese immunitarie. I tumori sono in grado di alterare il percorso di differenziazione dei precursori midollari, inducendo una espansione patologica di cellule mieloidi immature, in grado di sopprimere la risposta immunitaria e di favorire la crescita neoplastica”. “Utilizzando modelli genetici e approcci farmacologici – continua Sica – abbiamo confermato che l’assenza o l’inibizione dell’attività di RORC1 blocca l’ematopoiesi di emergenza, inibendo l’espansione delle popolazioni mieloidi immature, la crescita del tumore e la sua disseminazione metastatica. L’attivazione di RORC1 è stata inoltre confermata nelle cellule mieloidi immature (MDSC) di pazienti con tumore del colon-retto, suggerendo che la sua inibizione possa fornire un nuovo potenziale approccio terapeutico per la cura di neoplasie umane. La generazione e valutazione di nuovi inibitori farmacologici di RORC1 e il loro trasferimento clinico rappresentano gli obiettivi futuri del progetto”, conclude. Allo studio hanno partecipato ricercatori di importanti istituti di ricerca italiani, in primis della Fondazione Humanitas per la Ricerca, oltre a studiosi dell’Istituto dei Tumori di Milano e dell’Università di Palermo. |