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Dopo 50 anni di uso del trapianto di cellule staminali ematopoietiche e delle terapie biologiche nella cura dell’immunodeficienza primaria, gli scienziati sono in grado di definire le conseguenze a lungo termine delle complicanze post-trapianto quali rigetto, malattia veno-occlusiva e alterazione a livello immunitario. La riflessione arriva da un’analisi pubblicata su Frontiers in Pediatrics da un team di ricercatori guidato da Andrew Gennery della Newcastle University, nel Regno Unito.
Secondo gli esperti, i primi pazienti su cui è stata dimostrata un’efficacia prolungata del trapianto di cellule staminali ematopoietiche e delle terapie cellulari sono stati proprio quelli affetti da immunodeficienza primaria. Ma anche se questa patologia ha di fatto aperto la strada all’uso di queste tecniche e terapie, gli effetti a lungo termine non erano stati ancora ben caratterizzati. Così, dopo mezzo secolo, Gennery e colleghi riconoscono che nel trattamento dell’immunodeficienza primaria sono stati fatti enormi progressi e che si può guardare a un futuro migliore per i pazienti, anche grazie all’intensa collaborazione tra medici specialisti, scienziati, organizzazione dei pazienti e aziende farmaceutiche. Fonte: PopularScience |