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Mieloma multiplo: daratumumab si conferma molto efficace sia in prima linea, che nelle recidive. E all'orizzonte c'è la CAR-T
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E’ il primo anticorpo monoclonale mirato contro la proteina CD38, espressa sulle cellule del mieloma in tutti gli stadi di malattia e suo tallone d’Achille. Daratumumab, aggiunto alle associazioni standard di terapia nei soggetti con mieloma di prima diagnosi non candidati a trapianto e in questi recidivati, aumenta in maniera significativa l’efficacia del trattamento, sia in termini di sopravvivenza libera da malattia, che di mortalità. Lo dimostrano i risultati degli studi Castor, Pollux, Maia e Alcyone presentati al congresso degli ematologi americani.




Il congresso dell’American Society of Hematology, tenutosi di recente a San Diego, è stato l’occasione per presentare gli aggiornamenti degli studi di fase 3 Castor e Pollux, riguardanti la somministrazione di daratumumab in associazione con bortezomib-desametasone (Vd) o lenalidomide-desametasone (Rd), nei soggetti con mieloma multiplo giù trattati. In questi soggetti, il vantaggio, in termini di riduzione del rischio di progressione di malattia o di mortalità è stato del 56% nello studio Pollux e del 69% in quello Castor. La sopravvivenza libera da malattia (PFS) mediana dello studio Pollux è stata di 44,5 mesi; si tratta in assoluto del miglior risultato ottenuto fino ad oggi nei pazienti con mieloma multiplo già trattato in precedenza.

Gli studi di fase 3 ALCYONE e MAIA, presentati nella stessa occasione, hanno invece valutato daratumumab, associato a bortezomib- melphalan-prednisone (VMP) o lenalidomide-desametasone (Rd) nei soggetti con mieloma di nuova diagnosi, non eleggibili a trapianto; anche in questi pazienti le associazioni a base di daratumumab hanno ridotto il rischio di progressione di malattia o di mortalità. Nello studio Alcyone, nel corso di un follow-up d 28 mesi, si è osservata una riduzione del 57% del rischio di progressione di malattia o mortalità. I soggetti trattati con daratumumab-VMP non hanno ancora raggiunto la PFS mediana. L’associazione daratumumab-VMP è più efficace anche nella negativizzazione della malattia minima residua, rispetto al solo VMP (27% contro 7%).

"I dati a lungo termine dello studio registrativo ALCYONE - afferma Meletios A. Dimopoulos, direttore del Dipartimento di Terapia Clinica presso l'Università Nazionale e Kapodistriana, Scuola di Medicina di Atene, Grecia, e primo ricercatore dello studio - evidenziano nuovamente l’efficacia della terapia combinata con daratumumab nel migliorare la sopravvivenza libera da progressione e i tassi di risposta in pazienti con nuova diagnosi di mieloma multiplo, inclusi i pazienti più anziani, di norma maggiormente refrattari alla risposta terapeutica. Inoltre, questi primi promettenti risultati promuovono l’utilizzo di daratumumab in prima linea nel trattamento di pazienti non eleggibili a trapianto, garantendo un maggiore beneficio quando daratumumab è somministrato con continuità terapeutica".

Lo studio MAIA, nell’arco di un periodo di osservazione di 32 mesi, ha evidenziato una riduzione del 45% del rischio di progressione di malattia o di mortalità nei soggetti trattati con l’associazione comprendente daratumumab; in questo gruppo di pazienti inoltre la PFS mediana non è stata ancora raggiunta.
“I risultati emersi dallo studio di fase 3 MAIA – commenta il primo autore dello studio Thierry Facon, direttore del Service des Maladies du Sang dell’Hôpital Claude Huriez di Lille (Francia) - rafforzano il profilo di efficacia clinica di daratumumab in combinazione alla terapia standard per il mieloma multiplo, in pazienti non candidabili al trapianto autologo. I dati suggeriscono che daratumumab in associazione con lenalidomide e desametasone può essere potenzialmente considerato una nuova opzione terapeutica per questa popolazione di pazienti".

Daratumumab
E’ il primo biologico (un anticorpo monoclonale) diretto contro la proteina CD38, espressa dalle cellule del mieloma multiplo in ogni stadio di malattia. Il farmaco determina la morte delle cellule tumorali sia inducendone l’apoptosi, che attraverso diversi meccanismi d’azione immuno-mediati.

In Europa, daratumumab è indicato in associazione con bortezomib-melfalan-prednisone nel trattamento di pazienti adulti con nuova diagnosi di mieloma multiplo, non eleggibili a trapianto autologo di cellule staminali, e in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato e refrattario a precedenti terapie (compreso un inibitore del proteasoma e un agente immunomodulatore), con progressione di malattia in corso dell’ultima terapia; ma anche in terapia combinata con lenalidomide-desametasone, o bortezomib- desametasone per il trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo che hanno ricevuto almeno una terapia precedente.

E con LEGEND si sperimenta la CAR-T nel mieloma multiplo avanzato

Nel mieloma multiplo refrattario/recidivato (r/r) Janssen sta portando avanti anche una sperimentazione , la LEGEND-2, con cellule CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell) dirette contro l’antigene BCMA ( B-Cell Maturation Antigen, una proteina altamente espressa sulle cellule di mieloma). I dati presentati a San Diego sono relativi ad uno dei quattro studi istituzionali indipendenti, condotto dal Secondo Ospedale Affiliato dell’Università di Xi’an Jiaotong (Cina) e sono relativi a 57 pazienti (età media 54 anni) con mieloma multiplo avanzato R/R trattati con questa terapia sperimentale.

Tutti avevano ricevuto una mediana di tre precedenti terapie; il 74% aveva una malattia di stadio III secondo stadiazione di Durie-Salmon. Il tasso di risposta generale è stato dell’88%; la risposta completa (CR) è stata raggiunta nel 74% dei pazienti (42 pazienti su 39 di questo gruppo mostravano negativizzazione di malattia residua minima nel midollo, MRD). Al follow-up mediano di 12 mesi, la durata mediana della risposta è stata di 16 mesi e per tutti i pazienti, la mediana di sopravvivenza libera da progressione (PFS) è di 15 mesi (di 24 mesi per i pazienti con CR MRD).

Lo studio di fase 1/2 LEGEND-2, in aperto, a braccio singolo è attualmente in corso in Cina ed è composto da quattro studi istituzionali indipendenti, condotti in una serie di ospedali cinesi.
Un altro studio su CAR-T BCMA sta partendo negli Usa, dopo che l’Fda americana ha dato semaforo verde alla sperimentazione sull’uomo, lo scorso maggio.

 

Fonte: Quotidianosanita.it